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Intervista a Mirya

  • Dany Fabris
  • 1 lug 2016
  • Tempo di lettura: 7 min




Mirya vive a Ferrara, dove insegna materie umanistiche. Era già nota al pubblico di EFP per la pubblicazione di varie fanfiction tra cui ''Succo di Zucca'' storia inclusa tra le Scelte del sito. Anche ''di carne e di carta'' era stato precedentemente pubblicato sul sito EFP, la versione revisionata e corretta è disponibile su Amazon al seguente indirizzo: http://www.amazon.it/gp/product/B00L0BMNXU?%2AVersion%2A=1&%2Aentries%2A=0

Pagina Facebook di Mirya: https://www.facebook.com/Mirya76/

Blog di Mirya: http://mirya76.blogspot.it/



Citazioni:


''Io consiglio di spendere meno tempo a ricercare la realtà in ciò che si legge, e più tempo a ricercare ciò che si legge nella realtà.''


''Tutti abbiamo degli ideali, solo che questi dovrebbero guidarci, non bloccarci.''


''La vita è troppo seria per prenderla sul serio.''


''Quando il dolore ti schiaccia, se non vuoi farti ridurre in polvere, devi diventare di roccia.''



Di seguito riportiamo l'intervista integrale fatta all'autrice, ringraziandola ancora per la disponibilità.


Qual è stato il momento in cui hai capito che ''di carne e di carta'' poteva uscire dall'universo EFP e diventare un libro?


Non l'ho ancora capito: per me una storia è una storia, che sia su un sito o fuori da esso; ma certo, per uscire da efp tale storia andava rivista, perché non doveva più seguire la scansione 'a puntate'. L'idea di farlo è stata di mio marito (e me lo rinfaccia sempre), perché in quel momento stavo lavorando a un altro libro ma mi serviva ancora tempo per concluderlo, e quell'idea mi è piaciuta soprattutto perché formava un ponte tra ciò che scrivevo su efp e ciò che avrei scritto dopo, fuori da efp. Insomma, quel ponte diceva quel che pensavo io: una storia è una storia, a prescindere da dove viene scritta e/o letta. L'importante è poterla raccontare.


Cosa significa per te ''ricercare ciò che si legge nella realtà?''


I lettori 'forti', come me, quelli che hanno sempre letto (o scritto) e sempre leggeranno (o scriveranno), spesso trovano nei libri una via di fuga. Poi però da quella fuga bisogna tornare, e affrontare ciò da cui si è fuggiti. Per me i libri significano anche, durante la fuga, diventare più forti, vagliare nuove possibilità, e poi usare quella forza e quelle possibilità nella realtà. Renderla la nostra storia, che possiamo scrivere come vogliamo.


Leonardo esiste davvero o è solo un ''uomo di carta''?


Temo che al mondo esistano molti stercorari del genere, ma io, se li incontro, in genere cambio strada; per cui non avrei mai potuto conoscerlo davvero, se non a rischio di infilargli la sua pallina di sterco laddove non batte il sole. Non sono ancora in prigione, dunque è un personaggio inventato.


Quanto c'è di te in Chiara?


C'è la professione, il Dottorato, il rapporto con gli alunni, la passione per i canditi. Poi però Chiara è una brava ragazza, sa anche essere dolce e mansueta. Io no.


Come è nata nella tua mente l'idea di questa storia?


Come ti dicevo prima: riflettendo sul valore delle letture, soprattutto, in questo caso, delle letture d'amore. Su quanto spesso cerchiamo nei libri l'amore che non troviamo nella realtà, rischiando poi però di non cercarlo più nella realtà, perché, diciamocelo, la realtà non è mai scritta bene. Secondo me sognare sui libri va benissimo, ma ci dovrebbe poi aiutare a tradurre quei sogni in realtà. Tra i messaggi più belli che mi sono giunti dopo la pubblicazione di questo libro, ci sono le storie di ragazze che hanno chiuso relazioni infelici perché hanno proprio riflettuto, leggendo, su come ormai le uniche fonti di felicità per loro fossero gli uomini di carta. E quando hanno deciso di cercarlo di carne, un uomo con cui scrivere una storia, si sono finalmente sentite padrone del loro libro.


Durante la scrittura, dall'inizio fino alla pubblicazione, i personaggi hanno subito cambiamenti rispetto all'idea iniziale?


L'idea iniziale non è un concetto in cui mi riconosco: ci sono i personaggi, c'è un'immagine, e c'è già tutta la storia. Non cambia rispetto al percorso, perché non c'è un percorso prestabilito da me: i personaggi mi costringono a raccontare ciò che sono e sono sempre stati, e se cambiano è solo perché erano già destinati a cambiare, dunque non è un vero cambiamento ma la normale crescita di una pianta. Il seme non cambia perché butta fuori una foglia: quella foglia era già in lui fin dall'inizio. Semmai il cambiamento lo subisco io, ascoltando e capendo ciò che mi vuole dire quella foglia. Nel caso di Leonardo, che rischiavo la prigione.


Non possiamo non parlare di ''Succo di zucca'' che, ricordiamo, è diventata un'originale intitolata ''Glitch''. Hai mai ricevuto recensioni ''negative''? Quale peso bisogna dare alle critiche?


Certo che ne ho ricevute, mi preoccuperei del contrario, significherebbe che ciò che scrivo non vale neanche un po' di rabbia. Non lo so, che peso occorra dare alle critiche, c'è tutto un discorso intelligente su come le critiche aiutino a crescere, ma io ho quarant'anni, sono alta un metro e un citofono da quando ne avevo quindici, e temo non crescerò mai più di così. Per cui l'unico peso che ancora mi interessi è quello di mio figlio, che tra le braccia è meraviglioso.


Cosa consigli agli autori di EFP?


Divertitevi, scrivere è bellissimo. Non usate il comic sans. Raccontate la vostra storia, e non quella che pensate avrà successo e/o vi farà scoprire e/o venderà. Di cloni è pieno il mondo e clonare non è scrivere. Insomma, come dice Neil Gaiman: make good art.


Quanto ha influito la ''palestra'' di EFP sulla pubblicazione del tuo primo libro?


Non ci sarebbe stato nessuno, dei libri seguenti, senza efp: prima dovevo imparare di nuovo a gestire una storia da zero, personaggi e trama e ambientazione, non avrei di certo potuto subito pensare anche a gestire tutto un libro insieme, con in più la necessità di costruire i file e l'impaginazione e la copertina e il lato burocratico. Un passo alla volta è, secondo me, il modo migliore per impratichirsi della scrittura, e le fanfiction, che all'inizio forniscono già un'ambientazione e dei personaggi precostituiti, permettono di slegarsi e autodeterminarsi poco a poco, facendo tanto esercizio. Poi osi creare un personaggio nuovo, poi osi costruire un contesto nuovo, poi scopri che tutto ciò che devi fare, per scrivere, è osare. Come poi nella vita: ed è per questo che i libri li scriviamo anche sulla nostra pelle e dentro lo stomaco.


Se non fosse stato ambientato a Ferrara, quale luogo avresti scelto?


Non c'è proprio un'altra opzione, i personaggi mi si presentano già in casa loro, qualunque essa sia. Questa storia non avrebbe senso altrove, perché questi personaggi sono ferraresi, e noi ferraresi siamo una specie che vive solo qui, tra i cappellacci di zucca, i ciottoli, le biciclette, la salama da sugo, i riferimenti letterari, la nebbia e l'umorismo becero con cui rivestire la pallina di sterco che ci portiamo in giro tutti. Ma noi ne andiamo persino orgogliosi - è l'eredità degli Estensi.


Quale parte ti ha divertito di più scrivere?


Tutte le conversazioni tra Chiara e Alessandra, ho da sempre una predilezione per l'amicizia di quel tipo. Difatti ho pochissime amiche, perché non è mica facile creare rapporti del genere, improntati all'insegna della libertà, del sostegno, della risata, delle citazioni dantesche e degli ABBA.


Come mai hai scelto l'autopubblicazione?


Hai cinque ore a disposizione, che cominciamo da Dante?

No? Allora cerco di fartela breve: io insegno Letteratura. E insegno scrittori che per secoli non hanno usufruito di editing, e per secoli hanno scritto ciò che volevano loro, e non ciò che doveva inserirsi in una collana o in un boom di vendite. E anche se rispetto il lavoro delle CE, credo che qualcosa sia degenerato, e che la voce dell'autore sia sempre più fioca. Se Dante fosse vissuto oggi, probabilmente gli avrebbero detto di tagliare con tutta quella faccenda dei canti e delle luci, nel Paradiso, che insomma dopo un po' si ripete sempre, e aggiungere un po' di sesso qua e là, soprattutto all'Inferno, che tanto son già quasi tutti nudi. E noi non avremmo avuto la Commedia. Visto, alla fine sono comunque tornata a Dante. Non mi sto paragonando a lui, non mi paragonerei nemmeno al suo cane, se ne avesse avuto uno: paragono il panorama letterario attuale a quello passato, e vedo tante cose migliori e tante cose peggiori, come sempre. Non sono stata senza alternative: ho fatto la mia scelta, perché le alternative che mi hanno proposto significavano snaturare la mia scrittura ma anche la mia convinzione di lettrice e docente. Sto vedendo troppi autori che, secondo me (e il mio parere conta pochissimo, sia chiaro), snaturano il loro romanzo per aderire alle richieste di una CE e/o di una collana, e snaturano se stessi nel sentirsi poi obbligati a sostenere in tutto le scelte di quella CE e/o di quella collana, anche per quanto riguarda gli altri libri pubblicati. Per me lo scrittore non è un segretario che scrive sotto dettatura e neanche un PR che deve per forza sorridere a tutti: è prima di tutto un lettore, col diritto di esprimere i suoi pareri, e poi un essere umano, col diritto di esprimere le sue idee, e tutto ciò crea lo scrittore. So che non tutte le CE chiedono questo, e so che ci sono ottimi scrittori editi da ottime CE in giro, ma io non mi ritengo un'ottima scrittrice, per cui non posso guardare all'eccellenza: mi ritengo tuttavia un essere umano decente che in questo momento sta lavorando anche per portare avanti un certo discorso che esula dai miei libri e abbraccia più in generale il concetto d'arte. L'unica proposta che ho accettato, finora (e di cui saprete in seguito) mi permetteva appunto di fare questo.

Il self insomma può portare peggioramenti, ma secondo me anche dei miglioramenti, se lo gestiamo bene. Cosa significhi gestirlo bene ancora non lo so, ma mi piace provare a scoprirlo.



Ringraziamo di cuore Mirya per la gentilezza e la disponibilità.


Grazie mille a te, anche per la generosissima recensione!



Estratto capitolo 6:

<< 'La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni'.

Mai come durante quel viaggio verso l'Hurly Burly, mentre sbraitava contro Ivano una serie di Maledizioni Senza Perdono che avrebbero fatto impallidire persino Voldemort, e mentre lui subiva le sue proteste con la serenità di chi si sente perfettamente nel giusto, Chiara si convinse che quel detto era stato inventato per descrivere le famiglie, sempre pronte a giustificare ogni loro pessima azione dietro alla scusante, appunto, di avere buone intenzioni. >>


Per la recensione, vedi Libri e Cinema: Di Carne e di Carta



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